Molti e articolati saranno i messaggi da promuovere nel merito dei quesiti referendari presso l’elettorato del centrosinistra che, per quanto lo riguarda, non ha sinora dimostrato di aver bisogno di essere convinto; soprattutto la strategia di comunicazione dovrà essere ben calibrata, ma ci sarà la sede per farlo.
Riteniamo però che, per quanto riguarda il Partito democratico, bisogna cominciare con il dire senza paura alcune verità.
Prima verità: il popolo della sinistra, il popolo degli elettori del Pd, si è rivelato ancora una volta, molto più avanti del suo partito.
Questo popolo ha la perfetta consapevolezza che nel momento in cui partecipava massicciamente alla raccolta di firme dei referendum Acqua Bene Comune e Fermiamo il Nucleare, il partito non era con loro.
Seconda verità: il ruolo del Pd nella campagna che porterà al redde rationem di giugno è vissuto, al di fuori del partito (ma anche dentro il partito stesso, nella base), in una doppia chiave:
- di estraneità, sinora ufficialmente il partito non ha aderito al percorso che ha portato ai referendum, il rischio consiste nell’essere percepito come un soggetto che vuole colonizzare un territorio che non gli appartiene, per opportunismo politico, potenzialmente generando conflitti;
- di ambiguità: troppo spesso e volentieri (probabilmente essendo quote rilevanti degli organi), i quadri e i dirigenti del partito (a cominciare dal segretario nazionale), si sono pronunciati a favore sia della privatizzazione dell’acqua, sia del programma nucleare.
Purtroppo, o per fortuna, ai tempi di internet, questa ambiguità è sempre e facilmente documentabile con un clic.
Di fronte a queste due prime verità non si può glissare, non si può far finta che non ci siano, ma vanno, volendo essere efficaci e credibili nella sfida referendaria, sia apertamente affrontate di fronte agli elettori; sia affrontate dentro il partito con coraggio, con onestà e con chiarezza. Pena la credibilità del ruolo del Pd nella campagna.
Terza verità: il Pd può avere un ruolo importante per il conseguimento di un successo nella campagna referendaria.
Attenzione: questo successo, in generale ma anche nello specifico del Veneto, non sembra consistere nel convincere la popolazione a votare per i SÌ, cosa che appare abbastanza scontata, ma soprattutto nel conseguimento del quorum.
Per ottenere questo risultato sarà perciò necessaria la massima sinergia di tutte le forze in campo (Comitati, IdV e Pd, ed anche altre realtà), senza rivendicazioni di protagonismo né strumentalizzazioni.
Il fattore critico di successo, quindi, della campagna referendaria non starà tanto nei contenuti, articolati, documentati e ormai condivisi dal campo dei SÌ, sicché non ci sarà davvero molto da lavorare per la loro elaborazione; ma soprattutto per mettere a punto una macchina del consenso che renda agli italiani evidente come votare il referendum sarà occasione irrinunciabile per evitare conseguenze nefaste e persino incalcolabili per il futuro del paese, una battaglia di civiltà.
Sul punto del quorum, non della percentuale dei sì, si giocherà la vittoria referendaria.
Ecco che questi referendum sono un punto di partenza, non un punto di arrivo.
Affrontarli e vincerli significherà anche un momento di crescita, una tappa lungo il percorso di cambiamento che sicuramente gioverà anche agli assetti interni del nostro partito, portandolo a mettersi in discussione apertamente e proficuamente per fare il salto di qualità verso quel partito nuovo che tutti stiamo aspettando.
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