Alla c.a. della Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto
e del Direttore arch. Ugo Soragni
Della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio
per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso
e del Soprintendente arch. Sabina Ferrari
Ill.mo Sig. Direttore,
Ill.ma Sig.ra Soprintendente,
premesso che
l’azienda Italcementi S.p.A. Cementeria di Monselice, ha presentato alla Provincia di Padova in data 17/03/2010 domanda di VIA (Prot. Prov. N. 44499) e domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale (Prot. Prov. N. 44495) per un progetto di “Adeguamento tecnologico alle migliori tecniche disponibili” degli impianti della cementeria Italcementi di Monselice - denominato Revamping - ”.
Con la presente intendiamo rivolgere un sentito
appello
in merito al cosiddetto “Revamping Italcementi” che in questi giorni sarà oggetto delle valutazioni dei vostri uffici per la formulazione del parere di legge. Da mesi i cittadini, gli amministratori e molte associazioni dell’area interessata si stanno confrontando sulla questione, con punti di vista a volte discordanti a seconda dell’interesse prevalente, sia esso occupazionale, ambientale, sanitario. Tutte tematiche che riguardano altri organi di tutela e promozione e sulle quali invece, come è giusto, non è chiesto il vostro pronunciamento.
Su un unico punto sembrano tutti oggettivamente convergere: quello dell’impatto paesaggistico. Infatti non solo chi non è favorevole, ma anche molti dei sostenitori del progetto hanno riscontrato (non ultimo lo stesso Carlo Pesenti che con preoccupazione dagli Stati Uniti suggeriva ai suoi tecnici di ridimensionare l’altezza della torre) che l’aspetto critico è quello della compatibilità paesaggistica. Salvo poi, da parte di alcuni, negarlo attraverso considerazioni opportunistiche e assegnando ordini di priorità che potrebbero essere legittimi solo in ambito politico, ma in una fase antecedente, cioè quella legislativa e pianificatoria. Il dibattito che in questi mesi si è protratto, anche con numerosi e qualificati interventi sulla stampa locale, testimonia quanto si sta affermando.
Ora che sembra esaurirsi la potenza dell’esercizio retorico e muscolare ci rivolgiamo con fiducia alle vostre valutazioni, certi che riserverete la dovuta attenzione alla valutazione di una questione che potrebbe innescare un effetto valanga e interrompere il percorso di qualificazione del Parco Regionale dei Colli Euganei. Con questa preoccupazione ribadiamo quanto ci sembra evidente: l’impatto paesaggistico del nuovo complesso industriale, tra cui spicca quel volume alto decine e decine di metri (poco importa se 122m. o 80m. s.l.m.), è decisamente negativo: sia in relazione alle caratteristiche della valle, già alterata irreparabilmente dall’escavazione selvaggia ( il Monte Ricco, nonostante i tentativi di mascheramento dei fronti cava mostra ancora impietoso i segni delle violenze subite e il Monte Fiorin sopravvive solo nelle leggende e nelle carte, come toponimo), sia con le potenzialità di riqualificazione del sito. Un’alterazione del paesaggio comparabile con le aggressioni che “I Monti Azzurri” hanno subito nei due secoli scorsi, ora non più accettabile. Queste in sintesi sono le nostre considerazioni, ma rivolgiamo un
appello
agli esperti della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici affinché, più professionalmente, possano valutare se le brevettate vernici, le poche dismissioni, la mal riuscita e limitata ricomposizione dei nuovi volumi con gli esistenti, l’eventuale riduzione dell’altezza della torre si possono conciliare e integrare con le emergenze storiche e ambientali del Parco dei Colli Euganei, non ultime il mastio federiciano sulla Rocca di Monselice, l’eremo del Monte Ricco, la città di Arquà Petrarca, l’eremo della Beata Beatrice sul Monte Gemola.
Affinché possano valutare la coerenza di questa nuova e in parte “rabberciata” (meglio usare la lingua italiana al posto dei fuorvianti termini inglesi) fabbrica di cemento con le leggi e le normative vigenti. Queste ultime scaturite da scelte politiche, di parte, ma ora regole che riguardano ogni cittadino, a cui è fatto obbligo di osservarle e farle osservare. Ci riferiamo per maggiore chiarezza alla legge approvata dal governo italiano il 9 gennaio del 2006, n°14, “Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio”,e nello specifico alle normative territoriali che dimostrano analoghe sensibilità e finalità: il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, il Piano Territoriale Provinciale di Coordinamento, il Piano Ambientale del Parco dei Colli Euganei, dove il sito in oggetto è classificato come “area di riconversione fisica e funzionale”, in un “ambito di pregio paesaggistico da tutelare” nel sistema di “paesaggio storico” e di “paesaggio da rigenerare”.
Ci auguriamo inoltre che gli esperti paesaggisti possano chiarire quanto a noi sembra una grezza forzatura, cioè se il progettato “rabberciamento” dei corpi esistenti e le nuove costruzioni cambiano di molto quanto scrive Italcementi, nella relazione “non tecnica” allegata alle domande di VIA e AIA, con riferimento al mantenimento della situazione attuale: “per il paesaggio si stima un impatto negativo rilevante in quanto la dismissione dell’opera non comporterà la demolizione delle strutture”. In altri termini: se la stessa Ditta afferma che l’attuale situazione determina sul paesaggio un impatto negativo rilevante è ragionevole pensare che con il “rabberciamento” la situazione si inverta?
Crediamo invece sia ragionevole operare affinché al termine del ciclo di vita degli attuali impianti l’intera area possa essere riconvertita con attività urbanisticamente e paesaggisticamente compatibili con il Parco dei Colli Euganei ed economicamente vantaggiose per la proprietà. Pensiamo che ciò sia possibile e forti dell’esperienza del passato (legge RomanatoFracanzani) insieme con la vostra preziosa opera si possa ancora contribuire a preservare una risorsa insostituibile e non riproducibile.
In fede
Giannino Scanferla
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