venerdì 22 ottobre 2010

Revamping: storia senza fine?

Si scrive revamping. Si pronuncia rifiuti da bruciare. E si legge affare privato sulla pelle di tutti. Italcementi a Monselice (17.586 anime nella Bassa padovana) culla un mega-progetto che tiene insieme il ricatto in stile Marchionne con la «riconversione» in stile Marghera. Torna così in primo piano l'eterno dilemma fra posti di lavoro e tutela dell'ambiente. E la contraddizione resta sotto i riflettori ormai da un anno. Dividendo ad ogni livello la città della Rocca e del castello Cini: chi sposa l'investimento multinazionale contro chi si preoccupa della salute di tutti. È ormai muro contro muro. Perfino dentro i partiti, perché il revamping di Italcementi a Monselice divide Pdl e Pd e perfino la Lega.


Tutto comincia il 12 dicembre 2009. Italcementi annuncia il progetto di «ristrutturazione» della cementeria: in ballo oltre 100 milioni per ridurre la capacità del 10% e abbattere a metà le emissioni inquinanti con il filtro a maniche di tessuto. Ancora: via i vecchi tre forni per un impianto tecnologicamente al passo con i tempi ma con una «torre» alta 110 metri. Per l'ingegner Pesenti, a Monselice non ci sono alternative: o passa il revamping della storica fabbrica oppure si va verso la chiusura nel giro di un paio d'anni.

In prima fila, a documentare puntualmente la situazione (anche anticipando corrispondenza agli atti in municipio) c'è il mancato sindaco del centrosinistra. Francesco Miazzi, ambientalista da sempre, ragiona a voce alta: «Appare strano, che a fronte di un calo della capacità produttiva prevista in progetto, un calo della domanda di cemento stimato per i prossimi anni sull'ordine del 20-30%, con relativo abbattimento dei prezzi, una multinazionale decida un investimento simile. È evidente che il vero obbiettivo è incamerare nuovi profitti, bruciando rifiuti. Il rischio che si profila è un inceneritore di rifiuti urbani e speciali, mascherato da cementificio. Per di più dentro il Parco Colli, area già compromessa per la qualità dell'aria».

Nella seduta del consiglio comunale del 19 marzo 2010 solo fra i banchi del centrodestra gira il documento riservato che di fatto è la «brutta copia» del progetto, di cui la giunta del sindaco Francesco Lunghi è al corrente. Così Santino Bozza apre un altro fronte pubblicando i «12 dubbi della Lega» sfidando Italcementi: «È disposta a monitorare 24 ore su 24 l'immissione nei forni del combustibile e rendere disponibili le immagini in Internet?».

Il sindacato e una parte del Pd, invece, non esitano a schierarsi dalla parte opposta. Maurizio Zanovello (Cgil) della Rsu scandisce: «Non vediamo un motivo per cui si dovrebbe dire no al revamping. A questo punto siamo nelle mani della politica».

In primavera, Italcementi porta in Provincia l'intera documentazione con la richiesta di valutazione di impatto ambientale. E presenta ufficialmente il revamping durante una riunione con gli amministratori dei comuni, i rappresentanti del Parco e i tecnici dell'Arpav. E finalmente spunta il nuovo camino a più di 100 metri d'altezza, dipinto per «fondersi» nel paesaggio. Per di più si cita esplicitamente l'analogo impianto di Calusco d'Adda (Bergamo) che utilizza il cdr e brucia rifiuti. Sei consiglieri comunali del Pdl (Andrea Basso, Paolo Drago, Romano Gelsi, Tiziano Montecchio, Lorenzo Nosarti, Andrea Parolo) fanno un pubblico passo indietro. Poi tocca ai sindaci dei comuni limitrofi. Luca Callegaro di Arquà Petrarca: «Già oggi subiamo la costante visione di Italcementi. Con questa nuova torre così alta l'impatto visivo sarà senza dubbio più gravoso per Arquà che non a Monselice». Francesco Corso, sindaco di Baone, attacca: «Va coinvolto il Parco Colli, che deve mettere dei paletti». E Giancarlo Piva, sindaco di Este, contesta la "prepotenza" di Monselice evidenziando l'incompatibilità dei cementifici in un'area protetta.

Il «caso» è oramai squadernato, di dominio pubblico, ben oltre i confini del Parco Colli. Antonella Buson, consigliera del Parco Colli, interviene così: «Dobbiamo garantire un percorso trasparente che bandisca l'uso dei rifiuti come combustibili o additivi. Il Parco Colli assuma un ruolo attivo, coinvolgendo Comuni, Provincia, sindacati e comitati in un percorso alla luce del sole». E il vertice fra gli amministratori locali della zona prende atto di dubbi, perplessità, critiche e preoccupazioni. Il 22 maggio il consiglio comunale di Monselice, con oltre 500 cittadini stipati nell'auditorium dell'istituto Kennedy, si conclude a tarda ora con la bocciatura del revamping. Determinante l'astensione di Andrea Parolo (Pdl) e Pietro Antonio Aldrigo (Pd) quanto la spaccatura interna alla coalizione di centrodestra. La mozione di maggioranza non passa: 11 a 9 i voti. Quella anti-Italcementi è approvata con 10 favorevoli, 9 contrari e due astensioni. Una seduta incandescente, con i carabinieri schierati in forze. Alla fine, applausi e un coro «Dimissioni». Ma anche la rabbiosa reazione dei lavoratori di Italcementi che minacciano i dissidenti.

Il giorno dopo il sindaco Lunghi «licenzia» su due piedi l'assessore Bruno Cama che non aveva nascosto il suo scetticismo. Ma agli atti resta la richiesta di Monselice: come vogliono altri 27 sindaci della Bassa il revamping va rimesso in discussione. L'ex primo cittadino Lorenzo Nosarti (Pdl) non ha dubbi: «È il privato che detta il futuro di un territorio oppure sono gli amministratori a dover fare delle scelte?». Miazzi, che si è preso una bella rivincita, interpreta il senso comune di Monselice: «Il sindaco deve agire come amministratore della città, non essere l'amministratore delegato aggiunto di un'azienda». E il leghista Emanuele Rosina evidenzia: «Le regole valgono per i cittadini come per le multinazionali».

Dopo l'estate, non solo a Monselice il dibattito torna ad infiammarsi. Ma il progetto di Italcementi «sbatte» contro nuovi ostacoli. La Commissione tecnica del Parco Colli (con 4 voti contro 2) esprime parere negativo al termine di un vivace confronto sull'impatto paesaggistico. L'autorizzazione era in cima alle integrazioni che la Provincia aveva chiesto a Italcementi per esaminare la pratica dell'impatto ambientale del nuovo impianto. Sul tavolo dell'organo tecnico del Parco c'erano due opzioni del camino: la torre originale di 110 metri e una versione "limata" a 89 metri. La presidente del Parco Chiara Matteazzi (Pdl) è finita in minoranza: il revamping era e resta incompatibile, in attesa che anche la Sovrintendenza si esprima definitivamente.

Intanto stridono le prese di posizione politiche. Nel Pd, è il deputato Alessandro Naccarato a guidare il «partito del sì» che affianca il sindacato da sempre schierato a presidio dei tre cementifici della zona. Nella Lega Nord addirittura è manifesto il braccio di ferro fra opposte fazioni. Manuela Dal Lago (ex presidente della Provincia di Vicenza) ha incontrato nel ruolo istituzionale di presidente della commissione attività produttive della Camera una delegazione del gruppo Italcementi, che sollecitava «attenzione» per i 600 milioni di investimenti concentrati negli impianti del nord Italia. Al contrario, la deputata Paola Goisis resta in trincea perfino a costo di polemizzare con la collega di partito: «È un segnale di un processo che vuole relegare l'area della Bassa padovana a "pattumiera" del Veneto». E provocatoriamente ipotizza uno «scambio» alla luce del trasferimento nel Vicentino dei rifiuti dalla discarica di Sant'Urbano: traslocare anche il cementificio ad Orgiano, vicino alla cava.

Muro contro muro, dunque. E forse a Italcementi non basterà nemmeno uno «sponsor» del calibro di Gianni Letta per vincere la partita.

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