Cari amici,
qui sotto trovate il Programma per una nuova politica di centrosinistra, che abbiamo elaborato a partire dalle proposte di:
Maurizio Borsatto
Francesco Corso
Gaetano De Venuto
Marisa Galbussera
Angelo Mancini
Ettore Perrella
Maria Piscitello
Paolo Vallarin
Il programma sarà discusso e approvato in un'apposita assemblea, che si svolgerà (in data e luogo da precisare) alla fine d'agosto. Nell'Assemblea parleremo anche della candidatura di Francesco Corso alle prossime politiche.
Eventuali proposte di modifica del programma dovranno essere comunicate all'indirizzo ideecorsare@gmail.com almeno una settimana prima dell'Assemblea, in modo che ciascun partecipante sia informato in precedenza.
Un caro saluto a tutti
Ettore Perrella
I. Economia e superamento della crisi
1.1.
L’attuale crisi globale richiede che l’economia reale sia difesa dagli effetti
distruttivi della finanza, attraverso la collaborazione fra molti Stati, in
primo luogo nell’Ue, che va riproposta come un’effettiva federazione. La Bce
dovrà divenire quindi una effettiva banca federale, dotata di tutti i poteri
delle banche nazionali, simile alla Banca federale degli Stati Uniti.
1.2. È
necessario distinguere le bad companies,
che si limitano alla speculazione finanziaria, dalle good companies, che invece raccolgono il risparmio ed operano a
sostegno dell’economia reale. Se in difficoltà, le prime verranno abbandonate
al loro destino, mentre le seconde saranno nazionalizzate tramite il Ministero
del Tesoro, che si fa garante dei depositi dei cittadini.
1.3. Dal
momento che la messa a punto di questi processi può richiedere dei tempi
abbastanza lunghi, si potranno adottare solo in Italia delle misure temporanee di
salvaguardia.
Possibili
misure temporanee
1.4.
Verrà posto un limite massimo a tutti gli stipendi, sia nelle società pubbliche
o pubblicamente partecipate, sia in quelle private, stabilendo nelle attività
produttive un limite massimo di oscillazione fra lo stipendio minimo e quello
massimo (ad esempio 1 a 10).
1.5.
S’incentiverà la sostituzione del debito dello Stato con l’estero con un debito
interno, proponendo solo ai cittadini italiani la possibilità di sottoscrivere degli
Otif (Obbligazioni del tesoro con incentivo fiscale), con interesse definito
(non più del 4%), ma esenti da ogni tassazione. Le somme così raccolte saranno
subito utilizzate per restituire le somme prestate da investitori esteri.
1.6. Per
produrre la riduzione progressiva della tassazione e nello stesso tempo l’incidenza
dell’evasione fiscale, tutte le uscite – anche per fini alimentari, di svago
ecc. – diventeranno detraibili dal reddito (con un tetto massimo ed escludendo
le spese per beni di lusso). Se necessario, si potrà introdurre una percentuale
di detraibilità delle spese, ma non inferiore al 50% del totale.
Rilancio
dell’occupazione
1.7. Saranno riprogrammati
i progetti delle Grandi Opere in favore delle reti dei territori, riaffermando
le sovranità economiche territoriali, in rapporto di sussidiarità con quelle
nazionali, sovranazionali e globali. È indispensabile rilanciare il turismo con
una effettiva salvaguardia sia del territorio, sia evitando la trasformazione
in ghetti di interi quartieri delle città.
1.8. Saranno
introdotte facilitazioni e stimoli fiscali per le sostenibilità energetica ed
ambientale, promuovendo la sostenibilità e l’occupazione, anche grazie alla definanziarizzazione
delle società.
Per rilanciare l’economia soprattutto nel meridione saranno
create delle no tax areas.
1.9. Saranno promosse
nuove forme d’investimento sui territori, per le popolazioni, l’ambiente e le
attività produttive (sull’esempio dell’art. 66 del decreto-legge n° 1 del 2012,
che prevede d’avviare l’assegnazione ai giovani agricoltori delle terre
demaniali in stato di abbandono, che però non è in attuazione).
1.10. Non è
ammissibile che, per salvaguardare il lavoro, non si rispettino i limiti
imposti dai vincoli paesaggistici ed artistici, o addirittura – come nel caso
dell’Ilva di Taranto – si lascino in funzione delle produzioni altamente
inquinanti e che provocano danni alla salute.
1.11. Il lavoro,
nella fluidità del mondo attuale, va salvaguardato soprattutto reinventandolo. Non
è possibile riproporre modelli industriali falliti e il continuo consumo di
territorio.
1.12. È necessario
salvaguardare un minimo reddito garantito per chiunque e incentivare il lavoro
stabile, riducendo nettamente il precariato. Il campo del turismo e della
cultura è cruciale in questo contesto.
1.13. Vanno sostenute
le proposte di legge regionale d’iniziativa popolare: "Reddito Minimo di
cittadinanza e contrasto alla povertà" e "Per la riconversione
ecologica dell'economia".
1.14. Saranno interrotte
le politiche di privatizzazione e svendita del patrimonio pubblico e delle
partecipazioni aziendali (ad esempio Finmeccanica), per non svalorizzare gli
asset nazionali (Ferrovie, Scuola, Utilities) e non svendere la produzione
civile (com’è accaduto per esempio in Argentina).
1.15. Saranno rinegoziate
le concessioni pubbliche (da quelle per le frequenze a quelle petrolifere).
1.16. Sarà stimolato il
tessuto produttivo-commerciale interno e verranno posti dei limiti qualitativi
e sanitari più vincolanti alla concorrenza globale.
1.17. Verranno introdotte
imposte per l’esercizio di attività che drenano ricchezza dai territori (come
ad esempio nella grande distribuzione organizzata), a compensazione della
concorrenza di forza esercitata contro le economie territoriali.
1.18. Possibilmente
con l’accordo internazionale, verrà introdotta anche un’imposta sulle
transazioni finanziarie (Tobin tax).
1.10. L’immigrazione
generica si è risolta spesso anche in un danno per l’occupazione degli
italiani. Perciò saranno da individuare dei criteri per la limitazione e la
regolamentazione dei flussi migratori.
1.20. Sono da
limitare le esportazioni di denaro liquido dall’Italia. L’assistenza sanitaria
e pensionistica sarà garantita solo ai lavoratori stranieri che siano divenuti
residenti in Italia ed a condizione che rimangano effettivamente nel nostro
paese.
Lotta
al quarto settore
1.21. Il quarto
settore (criminalità organizzata, corruzione politica, evasione fiscale,
economia canaglia, riciclo capitali ecc.) oggi costituisce una delle cause
primarie (globali) delle crisi finanziarie e sociali (nazionali). Il conflitto
d’interessi è all’origine di tutte le degenerazioni dell’intervento dello
Stato. Saranno perciò rapidamente approvate delle leggi contro il conflitto d’interessi
in tutte le sue forme, dalla politica alla finanza.
1.22. Gli enormi
deficit dei bilanci pubblici prodotti nelle Regioni in parte controllate dal
quarto settore non dovranno essere appianati continuamente “a piè di lista”, ma
l’aiuto delle Stato e delle altre Regioni avverrà dando la possibilità di
utilizzare le ingenti ricchezze accumulate dalla malavita soltanto se le
Regioni stesse doteranno tutte le forme di governo locale (Provincie e Comuni)
di un programma di forte contrasto alla criminalità e alla corruzione.
1.23. Sarà istituito un
Ministero apposito contro il quarto settore, con potere di intervenire
direttamente e coordinare gli organi di Polizia e di denunciare al Parlamento
tutti i conflitti di interesse in atto.
Energia
e agricoltura
1.24. Saranno
incentivate tutte le modalità di approvvigionamento energetico che rendano
l’Italia il più possibile autonoma dall’approvvigionamento dall’estero delle
materie prime, privilegiando le energie rigenerabili (eolica, solare ecc.).
Saranno incoraggiati perciò i privati che vorranno dotarsi di fonti energetiche
autonome.
1.25. Andrà
rilanciata l’agricoltura italiana, facilitando la distribuzione diretta della
produzione al di fuori dei grandi circuiti distributivi. Questo faciliterà
l’aumento del guadagno dei produttori agricoli e di chi lavora all’industria
della conservazione e della produzione di derivati. Saranno vietati tutti i
prodotti geneticamente modificati e favorite tutte le produzioni locali, con la
denominazione di origine protetta, sia in Italia, sia all’estero, sia
nell’agricoltura, sia nella trasformazione.
1.26. Saranno
protette le esportazioni, con un’opposizione a livello internazionale contro il
falso made in Italy.
II.
Riforme costituzionali
2.1. Introduzione
nella Costituzione del soggetto Beni comuni, del soggetto Ambiente e della Informazione
come diritto democratico. Revisione della riforma del Capitolo 5 (legge
Costituzionale n. 3/2001) nel senso della responsabilizzazione delle autonomie
territoriali e di una vera sussidiarietà.
2.2. Introduzione
dello ius soli ed esclusione dello ius sanguinis, al fine di riconoscere
automaticamente la cittadinanza a tutti i nati in Italia da genitori qui residenti. I diritti così acquisiti vanno subordinati
alla permanenza effettiva nel nostro paese.
2.3. Introduzione
dell’obbligo costituzionale della democrazia interna dei Partiti.
III. Riduzione della burocrazia e liberalizzazioni
3.1. Vanno
ridotte radicalmente le spese dello stato per la politica (eliminazione dei
finanziamenti ai partiti, riduzione degli stipendi e delle pensioni dei
parlamentari, riduzione al minimo delle società partecipate improduttive ecc.).
3.2.
Dopo la riduzione del numero delle Province, sarà opportuno aggregare anche i
piccoli Comuni, secondo quanto previsto dalla recente legge regionale del
Veneto su questa materia.
3.3. Si
elimineranno tutti i privilegi dei gruppi d’interesse, liberalizzando al
massimo sia le professioni, anche attraverso l’eliminazione degli ordini, sia
le società economiche e finanziarie.
3.4. I
progetti di legge andranno resi pubblici almeno tre mesi prima della loro
approvazione.
3.5.
L’informazione televisiva e radiofonica sarà ristrutturata, escludendo i partiti
politici dal controllo di questi strumenti di comunicazione.
3.6. Il
mondo del terzo settore e del no profit, come i consultori pubblici e privati,
saranno sostenuti da opportuno misure di salvaguardia e di finanziamento.
IV. Diritti civili: coppie di fatto, ius soli, testamento biologico e nuove
forme di genitorialità
4.1.
Introduzione di una legislazione che preveda diritti e doveri delle coppie di
fatto, anche dello stesso sesso.
4.2.
Approvazione di una legge contro l’omofobia.
4.3.
Revisione della legge attuale sul testamento biologico e previsione della
possibilità che ciascuno dichiari liberamente la propria volontà d’essere
curato in caso di disabilità permanente.
4.4.
Revisione delle leggi sull’adozione, aprendo questa possibilità anche a coppie
di fatto non sposate.
V. Il rilancio del welfare: l’assistenza socio-sanitaria
5.1. L’allungarsi della vita media sta modificando
le esigenze cui l’assistenza sanitaria è chiamata a far fronte e che oggi non possono
più essere gestite solo dagli ospedali, i cui costi sono del resto molto alti.
L’assistenza ospedaliera sarà perciò integrata e, quando possibile, sostituita
dalle cure palliative domiciliari, meno costose e più proficue per tutte le
cronicità.
5.2. Il modificarsi della popolazione (flussi migratori, aperture di nuovi
confini, richieste d’asilo) pone importanti problemi non solo d’assistenza, ma
anche d’integrazione sociale. Le ULSS, non a caso chiamate unità locali
socio-sanitarie, i PSSR, piani socio-sanitari regionali, sono tenuti ad
occuparsi di queste problematiche in modo integrato a livello nazionale.
5.3.
Oltre ad integrare i livelli di assistenza, sarà necessario chiamare i
cittadini stessi a collaborare con le istituzioni, coinvolgendoli nelle
decisioni istituzionali. Per una più approfondita analisi di queste necessità
sociali è necessario che si sviluppi un dibattito anche fra le Associazioni, i
Partiti politici e le istituzioni socio-sanitarie.
VI. L’urgenza formativa: il rapporto fra la
scuola e il rinnovamento produttivo
6.1. Perché
il nostro sistema dell’istruzione non produca luoghi di frammentazione,
piuttosto che di formazione, l’istruzione d’ogni ordine e grado andrà
rilanciata con interventi di sostegno alla scuola pubblica, con un maggiore
investimento soprattutto sulle scuole professionali.
6.2. L’insegnamento
della lingua inglese sarà reso obbligatorio per tutte le scuole, a partire
dalla scuola materna.
6.3. Il
valore legale dei titoli di studio sarà totalmente abolito.
6.4. I
docenti saranno valutati a partire da un’apposita commissione di merito e non
solo per concorso.
6.5. È
necessario incentivare nelle Scuole la promozione del diritto all’istruzione ed
alla partecipazione, attraverso la definizione di che cos’è il lavoro minorile,
il lavoro sfruttato e il lavoro degno, visto come momento formativo nella
crescita integrale del minore, al fine di ridare ai giovani una cultura del
lavoro e una conoscenza della realtà lavorativa, per cui, a fronte dell’idea di
una scuola dell’obbligo svalorizzata e vissuta come dovere, più che come
diritto, essi possano avere la prospettiva di una vera alternativa.
6.6. Non
basta più una scuola uguale per tutti: ci vuole una scuola che apra reali opportunità,
avendo al centro i ragazzi nei loro contesti di vita. È necessario, soprattutto
nelle scuole professionali, superare le opposizioni tra scuola e formazione
professionale, tra tempo del sapere e tempo del lavoro. Scuola, formazione e
lavoro stanno assieme, se al centro dell’esperienza c’è la vita dei giovani.
6.7. La
promozione fin dalla scuola di azioni di lavoro cooperativo potrebbe promuovere
una cittadinanza attiva, che sfrutta il naturale desiderio di partecipazione
dei ragazzi a progetti integrati nella realtà, attraverso percorsi di
co-costruzione accompagnati dagli adulti, che possono avere un’alta valenza
formativa.
6.8. È
opportuno creare, in collaborazione con le industrie e le aziende produttive,
dei luoghi istituzionali in cui possano essere presentate da giovani
ricercatori delle nuove idee in grado d’incentivare la produzione,
accompagnando i ricercatori alla loro realizzazione pratica, con il supporto
delle aziende.
6.9. Gli
istituti di ricerca scientifica e tecnologica delle Università vanno sostenuti
economicamente, perché l’istruzione ed il progresso delle competenze
scientifiche costituisce un investimento cruciale per rilanciare anche la
produzione industriale su un piano di eccellenza, restituendo così all’Italia
il posto che le spetta nella produzione industriale mondiale.
VII. Nuove forme di partecipazione politica e
democrazia interna dei partiti
Parlamento
7.1.
Nessun Parlamentare potrà essere rieletto per più di tre legislature. Lo stesso
vale per qualunque altra carica pubblica. Devono infine venire a cadere gli
assurdi privilegi economici e previdenziali che contraddistinguono da troppo
tempo la classe politica italiana.
I loro vitalizi saranno equiparati al trattamento pensionistico nazionale su
base contributiva.
7.2.
Sarà incentivata la presenza femminile nelle rappresentanze politiche (se
occorre, in maniera transitoria, con l’introduzione di quote predeterminate).
7.3. A
tutti i parlamentari sarà vietato ricoprire altre cariche pubbliche durante il
loro mandato.
7.4. Non
saranno eleggibili a cariche pubbliche tutti i cittadini condannati.
7.5. La
legge elettorale va rivista consentendo ai Cittadini di scegliere nominalmente i candidati.
Partiti
7. 6. Le
elezioni primarie sono uno strumento essenziale di partecipazione della
cittadinanza alla strutturazione interna dei Partiti, e quindi alla vita
politica complessiva del paese. Esse devono quindi divenire obbligatorie per
tutti i Partiti.
7.7. Tuttavia
questo strumento, per essere effettivo e realmente efficace, non può limitarsi
a dare una “facciata democratica” ai Partiti, ma deve corrispondere all’effettiva
democraticità della loro gestione (cfr. § 2.2).
7.8. Le
primarie devono essere aperte, sia
per quanto riguarda i candidati, sia per la partecipazione al voto. Devono
quindi essere escluse tutte le forme di discriminazione preliminare o di
preiscrizione, che ridurrebbero questo strumento di democrazia ad un sistema di
propaganda mediatica.
7.9. La
libertà di accesso alle primarie naturalmente non esclude che la partecipazione
ad esse non debba essere pubblica a tutti gli effetti.
7.10. L’ammissione
delle candidature deve fondarsi sul rifiuto di ogni discriminazione, di genere,
culturale, sociale ecc.; occorre invece favorire la presenza fra i candidati
non solo di donne, ma anche di rappresentanti di tutte le minoranze.
7.11.
L’uso di questo strumento non deve limitarsi a poche cariche, come nella
designazione di un leader di coalizione o del Segretario d’un partito, ma deve
estendersi a tutte le elezioni, nazionali, regionali e comunali. L’adozione
delle elezioni primarie – soprattutto se estese a tutte le votazioni –
costituisce l’avvio di una ricalibratura
della delega politica, perché sono solo i cittadini a designare coloro che
li rappresentano nei Consigli Comunali, Regionali e alle Camere. I Partiti
devono quindi tornare ad essere una componente essenziale della società civile,
smettendo di considerarsi abusivamente come una parte dello Stato. Realizzare
una loro effettiva democratizzazione significa realizzare con maggiore
efficacia anche la democrazia parlamentare. È la base degli elettori che deve
controllare se l’operato degli eletti corrisponde realmente alla delega
affidata loro. La sovranità – anche in termini di diritto costituzionale – è e
rimane dei cittadini, e non è certo degli eletti, e tanto meno dei Partiti politici.
7.12. Perciò
tutti i Partiti, se vogliono riguadagnare la fiducia degli elettori, devono
ampliare ed incentivare le proprie relazioni con la società civile e con tutte
le sue componenti, economiche, politiche e culturali, anche collaborando
attivamente con le libere associazioni e con i movimenti politici non
partitici.
7.13. È
urgente superare la verticalità dei Parititi, dando maggiore autonomia
decisionale agli organismi cittadini, provinciali e regionali; ed allargando le
loro collaborazioni internazionali, soprattutto in Europa. Dal momento che gli
accordi fra gli Stati sono oggi vincolanti anche per i Parlamenti nazionali –
soprattutto, ma non solo, nell’Unione Europea –, i Partiti italiani dovrebbero
collaborare attivamente con i Partiti di altri Stati, o addirittura federarsi
con essi.
7.14. Il
finanziamento pubblico dei Partiti – che del resto in Italia era stato
rifiutato da un referendum – ha incentivato una grave distorsione della
democrazia, facilitando il malcostume. Il finanziamento dei partiti deve
tornare alla società, prevedendo la detraibilità fiscale dei contributi
economici liberi (eventualmente entro limiti determinati), oltre che la loro
assoluta trasparenza pubblica.
7.15. Nel
contempo, anche la gestione economica interna dei Partiti deve diventare
totalmente accessibile e pubblicamente controllabile, venendo sottoposta ad
organismi terzi di revisione, per esempio la Corte dei Conti.
7.16. La
democrazia interna dei partiti sarà prevista da un apposito articolo da
introdurre nella Costituzione (vedi sopra § 2.3).
7.17. I Partiti non devono essere delle
associazioni private, ma degli enti di diritto pubblico.
Fare politica non è più
un privilegio, ma un servizio.
7.18. Verrà
introdotto un principio di responsabilità civile ed erariale, come per gli
amministratori, soggettiva per i politici ed oggettiva per i Partiti.
7.19. I Partiti saranno
totalmente estromessi dalla gestione ed amministrazione della funzione pubblica
(amministrativa) e dei mezzi di
comunicazione (in primo luogo la Rai).
VIII. Prospettive ed idee di sviluppo per
Padova ed il suo territorio
Gestione
area metropolitana
8.1. I
problemi delle città sono strettamente connessi con quelli del territorio
circostante, e questo vale soprattutto nell’ “area metropolitana” o nella
“metropoli diffusa” che collega le città venete, fra Vicenza, Padova, Venezia e
Treviso.
8.2. Proponiamo
perciò:
– la
proibizione di occupazione di altro territorio per scopi di edificazione ed il
recupero edilizio delle aree già costruite;
– la
proibizione di creare altre zone commerciali periferiche ed il rilancio del
commercio nel centro storico e nei quartieri (con specificazioni differenti);
– la
creazione di parcheggi custoditi esterni al centro e di collegamenti pubblici
rapidi e continui;
– che si
progettino dei collegamenti metropolitani efficienti fra Padova e l’area
metropolitana di cui fa parte, da Vicenza a Treviso e Venezia;
– che le
aree verdi circostanti alle città vengano destinate a parchi di rispetto
agricolo, con la creazione di lotti assegnabili a chi voglia coltivarli;
– che la
produzione di questi parchi sia destinata a mercati destinati solo a questo ed
estranei alla grande distribuzione; questo avrebbe anche la funzione di
rilanciare l’occupazione in questo ramo non secondario;
– il
recupero degli edifici esistenti, soprattutto quando sono dismessi, con la
creazione di nuovi centri di aggregazione sociale.
La
produzione nel territorio
8.3. Ci
pare importante rilanciare lo sviluppo dei settori dell’informatica e delle
telecomunicazioni (ICT), comprendendo in questo aggregato le specializzazioni
di tipo industriale e terziario legate alle nuove tecnologie, per le quali Padova
occupa già il primo posto nel Veneto
8.4. Sarebbe
utile creare un connubio ancora più stretto tra il mondo delle imprese e
l’Università, in maniera che i corsi di laurea siano meno a compartimenti
stagni, e sempre più confezionati dalle esigenze di mercato, tramite le
richieste dei possibili datori di lavoro.
Padova e la sua Provincia
9.1. L’attuale
crisi pone una sfida che è urgente affrontare e risolvere: quella d’immaginare e
realizzare uno sviluppo non più basato sulle cementerie, gl’inceneritori, le
cave, le discariche, le imprese inquinanti ed un’estensione insensata e
distruttiva delle aree edificate, ma sulla valorizzazione d’un sistema di
valenze storiche, archittettoniche, paesaggistiche, museali, termali ed
ambientali uniche: una ricchezza inestimabile sulla quale dobbiamo cominciare
finalmente ad investire. È necessario perciò realizzare un coordinamento
effettivo fra tutti gli attori politici e sociali del territorio (dirigenti e
parlamentari, sindacati, associazioni, amministratori dei Comuni ecc.),
coinvolgendo nelle decisioni tutti i livelli dell’amministrazione, ma in primo
luogo i cittadini, con nuove forme di partecipazione alle decisioni politiche. È
essenziale, infatti, che i cittadini possano finalmente contare su chi si fa
interprete delle loro istanze e delle loro speranze.
9.2. È inoltre necessario dare più peso
politico al territorio della provincia rispetto al capoluogo. Il territorio
deve avere le proprie rappresentanze all’interno dei Partiti, nel Parlamento, nella
Regione e nella Provincia.
Dalle
amministrazioni locali alla politica europea
10.1. Le città subiscono oggi le decisioni di
istituzioni che non hanno alcuna relazione con l'amministrazione locale, mentre
le decisioni prese altrove – anche dalle istituzioni dell'Unione Europea – hanno
una ricaduta immediata su di esse. Pertanto le amministrazioni comunali devono
partecipare alla fase di formazione delle decisioni anche delle istituzioni
europee, se non vogliamo che le decisioni delle istituzioni europee siano regolate
unicamente dall'andamento dei mercati.
10.2. La città deve concorrere a far recepire
dal basso un modello sociale per l'Europa, partecipando ai lavori del Comitato
delle Regioni dell'Unione Europea ed alle sue sottocommissioni.
10.3. Il Comune può impegnarsi anche sul non
meno importante versante dell'indirizzo politico, convocando un Comitato per la
Federazione Europea, e tenendo i contatti con tutti i soggetti attori della
città: sindacati, associazioni imprenditoriali, cooperative, associazioni
artigiane, livelli locali dei partiti, quelli delle associazioni registrate
presso il Comune. Questo Comitato deve trovare al suo interno l'accordo per
documenti che facciano sapere alle istituzioni dell'Unione Europea che si vuole
un Piano unico europeo di sviluppo ecologicamente e socialmente sostenibile,
che comporti la riconversione in senso ecologico dell'economia, l'uso di
energie rinnovabili ed il sostegno alla ricerca ed all'applicazione di
innovazioni.
10.4. Per evitare che nasca un fisco europeo
senza una volontà politica unica europea, occorrerà indicare un'idonea
procedura da inserire nella riforma dei Trattati sull'Unione Europea,
prevedendo una serie di passaggi:
– un’Assemblea Costituente europea,
rappresentativa di cittadini, Governi e Comissione Europea;
– una discussione in Assemblea di un progetto
di Costituzione redatto dal Parlamento Europeo, unico organo a legittimazione
democratica dell'Unione Europea;
– una previsione nella Costituzione che
conferisca la ratifica ad un referendum unico europeo;
– che il referendum avvenga solo negli Stati
che hanno partecipato coi loro rappresentanti alla redazione della Costituzione
e, se nella maggioranza di quegli Stati vinca il “sì”, la Costituzione, aperta
all'adesione di altri Stati, entri subito in vigore.
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